Lui e io

Prefazione

Le vie del destino sono, a dir poco, bizzarre. Mi trovo alla Libreria delle donne di Luisa Muraro a Milano, in cerca di alcuni libri di Hannah Arendt e María Zambrano. Verso l’uscita vedo un cartello allettante: “Occasioni a 1 euro”; ovviamente guardo tra i libri e trovo un titolo interessante: Lui e io.
“La solita storia d’amore”, penso, “ma come è bello questo titolo, quanto risuona dentro”. Perché, in fondo in fondo, nel magma del presente, cos’altro si desidera se non un rapporto che abbia il sapore dell’assoluto?
Mi vengono in mente Tristano e Isotta, Enea e Didone, Romeo e Giulietta, esempi di binomio amore-morte, quasi ad ammonirmi di smetterla con questo pensiero dell’assoluto. Tuttavia il desiderio di amare in modo assoluto, senza nessuna concezione al dubbio o alla banalità, rimane. C’è infatti un richiamo segreto che viene più dal Cantico dei Cantici che dalla letteratura.
Lui e io: apro a caso il libro e mi imbatto nel passo che segue: “Quando uno straniero solitario percorre un paese lontano, gli è penoso, talvolta, di non scorgere da nessuna parte uno sguardo affettuoso, ma di proseguire la sua via come tra i morti. Io sono questo straniero, quando nessun ricordo di Me attraversa le vostre anime, quando le vostre anime sono chiuse e senza vita. Perciò, io richiamo attraverso avvenimenti, attraverso una circostanza. Si dice: “E’ un caso”. Chi dirà: “E’ Lui”.
Sono esterrefatta; per caso ho trovato un pensiero forte. E non è poco in un clima così minimalista.
“Anime senza vita”, “avvenimenti” o “circostanze” che risvegliano: espressioni già sperimentate anche senza l’ausilio dei libri.
Il passo in questione, però, evidenzia la dinamica del risveglio come pochi altri, indicandone la causa e l’agente.Un avvenimento o una circostanza destano dal torpore, dall’andare nella vita a testa bassa e, a partire da ciò, l’opzione tra il caso e Cristo, Dio presente nel reale: il che equivale a dire che la libertà nel riconoscerlo, conta moltissimo. Già questo solo passo, per giunta di una mistica, incenerisce quelle frasi che si sentono dire, talvolta anche in Chiesa: “Dio bisogna sentirlo dentro di sè” e aiuta a comprendere che abbiamo tremendamente bisogno di un accordo tra il dentro e il fuori, di una verità che li illumini con luce inestinguibile: il fuori e il dentro, la persona e la sua immagine.
Potrebbe sembrare una pretesa assurda, ma la voce che parla a Gabrielle, cioè Gesù, non la smentisce: “Hai pensato qualche volta al peso d’amore che ha potuto farmi arrivare all’istituzione dell’Eucarestia: questo accordo preciso dell’interno e dell’esterno […] Bruciavo di essere come una cosa vostra, presa, mangiata e bevuta”.
Compro il libro perchè mi sembra un buon affare. Comincio a leggerlo in metropolitana e continuo a leggerlo a casa. Lo rileggo per giorni e giorni. Cerco notizie su Gabrielle Bossis, voglio sapere.

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Gabrielle nasce a Nantes nel 1874 e muore nella stessa città nel 1950.
Cresce in una famiglia borghese, in un clima colto e mondano. Eccelle in pittura, musica, e scultura, ma anche nel canto, nel ricamo e nella danza.
Rifiuta diverse proposte di matrimonio. Durante la prima guerra mondiale prende il diploma di infermiera ed è una crocerossina molto stimata.
Nel frattempo il padre, la madre e la sorella Clémence muoiono.
Nel 1923, a quasi cinquant’anni, su invito del parroco di Fresne (un paese a sessanta chilometri da Nantes dove la famiglia Bossis è proprietaria di un antico monastero trasformato in residenza di villeggiatura) scrive e interpreta una commedia, La charme. E’un successo che godrà di numerose repliche negli anni successivi.
Nel giro di tredici anni Gabrielle scrive tredici commedie che la porteranno in tournée fino a poco prima della morte, nel 1950.
Nel 1936 organizza una tournée in Canada. A bordo del transatlantico, comincia a scrivere un diario per annotare le impressioni del lungo viaggio e per far passare il tempo.
E’ in quel momento che una voce misteriosa, che già si era fatta presente colloquiando con lei durante l’infanzia, le comanda di scrivere, come sotto dettatura, i loro colloqui che dureranno fino alla morte.
Questi dialoghi diventeranno Lui e io. “Io sono uno che, quando amore mi parla nel cuore, ne prendo nota, e cerco di esprimere in parole ciò che egli mi detta, esattamente nel modo che egli lo detta”, scrive Dante nel canto XXIV del Purgatorio. Come per Dante anche per Gabrielle incipit vita nova.
Continua a fare quel che deve fare, andando da una parte all’altra del mondo, vivendo come tutto il mondo, i tragici avvenimenti della seconda guerra mondiale: la sua casa viene occupata dai soldati tedeschi. Una donna simile alle altre che, per grazia, diventa autentica eco di Cristo.
La voce a un certo punto le dice: “Sai quel che facciamo scrivendo queste pagine? Togliamo il pregiudizio che l’intimità dell’anima è possibile solo per il religioso nel suo chiostro, mentre il Mio amore segreto e tenero è in realtà per ogni anima vivente in questo mondo. Quest’anima ne ha misteriosamente il desiderio, ed è così vero che ognuno vuol possedere l’esempio e il mezzo per giungervi”.
E’ un’indicazione o un segno dei tempi, che rende ancor più convincente la lettura.
Si può vivere un rapporto con Dio in qualsiasi situazione, senza necessariamente rinchiudersi in un chiostro. Forse quel mostro storico che è il ventesimo secolo esige persone che vivano la vita di tutti e, vivendola, testimonino quella eccedenza o sovrabbondanza che sempre Dio è in essa.
Un suggerimento adeguato per tutti noi, le cui giornate non sono più ritmate dal suono delle campane ma dagli orari dell’ufficio, delle fabbriche e meccanicamente prigioniere delle agende.
Assai interessante è il cammino che Gesù fa fare a Gabrielle: dapprima messaggi brevi che come una freccia, colpiscono al cuore, poi dettature più lunghe.
Un’educazione a offrire qualsiasi gesto o circostanza, perchè Lui la usa per salvare il mondo, un desiderio dell’impossibile da non estinguere perchè porta a Lui: “Se attendi di più, riceverai di più. Attendi anche l’impossibile”.
Ciò che colpisce è che qualsiasi gesto, se unito e offerto a Lui, ha una risonanza infinita.
Nel libro troviamo l’ora santa, il Corpus Domini e la Messa quotidiana; con sorpresa vediamo implicati, nel meraviglioso dialogo, anche i fiori del terrazzo, il treno, la Loira, l’usignolo, i tedeschi.
Nessun dualismo, nessuna divisione tra sacro e profano. Nessuna svalutazione dei sentimenti diversi e oscillanti che Gabrielle prova: troviamo sempre Cristo che mendica il cuore, con le sue grandezze e le sue volubilità.
Che considera seriamente il desiderare, come un fatto; anzi come il fatto più importante della persona. Perchè “desiderare è allargare la capacità di ricevere”.

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Il diario è un dialogo tra Gesù e Gabrielle fatto esclusivamente di parole d’amore, è un dialogo permanente d’amore.
Gesù parla a Gabrielle di se stesso come Dio-Uomo, Dio incarnato, forte e debole insieme, debole per amore! Gesù, come Dio, parla del Padre, dello Spirito Santo, dell’opera della salvezza, di come Dio ami infinitamente gli uomini. Parla di se stesso come Salvatore, della sua storia già fissata nel Vangelo, della sua vicenda umana: della sua vita nascosta e della sua vita pubblica.
Gesù ci mostra anche il suo modo proprio di sentire, desiderare, amare: di come lo ha fatto e di come per sempre, lo fa e lo vive. Del suo lato più straordinario e più proprio, che è quello umano. Il modo umano di Dio, di vivere, sentire e amare.
Gesù parla di Gabrielle, della vita quotidiana di Gabrielle. Sia delle vicende esterne”, dei suoi tempi, sia del suo mondo interiore. Gesù dichiara il suo desiderio di unione con lei. Nel Diario viene in evidenza la delicatezza e l’attenzione di come Dio, in Cristo, sa accostarsi a ogni anima. Attraverso le parole e confidenze con Gabrielle, parla del desiderio di unione che egli vorrebbe instaurare con ogni sua creatura.
E Gabrielle? Gabrielle assomiglia a Maria di Betania, che sta ai piedi di Gesù per ascoltare le sue parole. Ma anche lei parla: parla senza timore di se stessa, della sua vita, del desiderio di appartenere a Cristo e di vivere intimamente unita a Lui. Gabrielle dichiara il suo amore per Gesù, il bisogno di essere guidata e illuminata da Lui e gli manifesta con confidenza le sue gioie insieme alle fatiche del vivere, gli confida ogni situazione, piccola e grande. E’ su questo terreno che il dialogo si fa profondo e fecondo. Sembra appunto che nulla della sua vita disinteressi a Gesù. “Lui”, semmai, è una guida amorevole e ammirevole che passo dopo passo, guida, orienta e corregge la “strada” del suo cammino.
Nel diario questo aspetto di Dio, questa sua ricerca d’amore, si traduce e si trasforma in un ritornello ricorrente; quello della “sete”. Dio ci cerca così tanto … ci desidera così tanto che chiama questa ricerca e questo desiderio: “sete”. Dio ha sete di Gabrielle, delle anime, di ogni sua creatura.
La ricerca di Dio verso di noi, è una ricerca personale e mirata, non è una ricerca casuale e imprecisa. Nessuno di noi è uno qualsiasi per lui. Non è un caso il titolo del diario: Lui e io. E in questo “io”, ciascuno di noi può riconoscere e identificare se stesso come unico e irripetibile … unicamente cercato, unicamente amato.

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Qualche volta Gabrielle si lamentava bonariamente che era stanca di muovere la penna.
Un giorno si mise a tavolino un pò restia, mormorando: So già che mi vuol parlare d’amore.
E Gesù: Già pensavo anch’io, quando potrò incominciare a parlarle d’amore?.

23 Giugno 1938
Gesù: 
(con voce supplichevole) Non lasciatemi mai solo … Sto morendo eternamente di sete per la vostra salute. Dissetatemi …


22 Aprile 1939
Gesù:
 (parla del Padre) … se ha preparato tante magnificenze nella natura, per tutti in generale, l’ha fatto anche per ognuno, come se ciascuno fosse il suo unico figlio. Oh, l’amore multiplo e per uno solo!
Il profumo di un’anima non è quello di un’altra.
Tu … sai ciò che sei tu per me? Sei la ragione per cui ho vissuto e sono morto su questa terra.
Tu, piccola creatura, mi hai strappato dagli splendori del Padre mio per sottomettermi alle ignominie dell’uomo …
Io non vi ho lasciati durante i miei trentatre anni di vita e durante tutta l’eternità. Allora posso chiederti di non abbandonarmi volontariamente fino all’ultimo istante, all’istante del nostro incontro? Comprenderai allora, in quel momento, il bisogno di stringermi al tuo cuore a ogni respiro per tener sempre più vivo il tuo amore.
Ecco ciò che tu sei per me. Tu…proprio tu!

27 Agosto 1940
Gabrielle: 
(in visita alla chiesa) Se parlarmi ti stanca, non dirmi niente oggi.
Gesù: Ma è proprio nel parlarti che io mi riposo. Metti un pò del mio cuore nel tuo, figliola mia. Dimmi sovente: La tua piccola serva ti ascolta.

4 Ottobre 1940
Gesù: 
Vedi? Ho sempre sete del vostro amore, quell’amore che è libero di rifiutare il mio … Così per quali sentieri traversi passo per raggiungervi senza spaventarvi! Io, il re, vengo a voi come un servo. Dimentico le vostre ingratitudini e non vedo che la mia tenerezza, che la mia fame di voi, come il giorno in cui lavando i piedi a Giuda, li ho appoggiati sul mio cuore. Anch’io ho delle speranze. Prega perché tutti si avvicinino finalmente al mio cuore aperto. Assicurali che li aspetto, che non abbiano paura. Come possono avere paura d’un povero agnellino, l’agnello di Dio?

20 febbraio 1941
Gesù: 
Ecco la scena: due amici s’avvicinano da punti opposti della strada, si riconoscono e corrono l’un verso l’altro per abbracciarsi. Questi due amici siamo noi. Non lasciarmi mai solo sulla strada. Sono alla ricerca frenetica di te e tu invece non arrivi mai.

5 maggio 1944
Gesù: 
Ho tante maniere d’amare, quante sono le anime sulla terra. Non ci sono due anime che si assomigliano. Entro nella sinfonia di ciascuna. Se no, sarebbe l’amore di un Dio?

6 marzo 1947
Gesù: 
Amo ciascuna (anima) con amore particolare e personale. Vedo ciascun individuo, comprendi? Il mio amore non è un amore di massa. Ho bisogno di ogni anima come se fosse tutta sola al mondo, come se l’universo fosse stato creato solo per lei, ma il mio cuore è ancora più grande. Questo pensiero t’infonda forza e calma sorridente.

2 Ottobre 1947
Gesù: 
Com’è forte un desiderio divino! Supera ogni tuo concetto. Fammi l’onore di ammetterlo. Ho sete di voi, capite? Datemi da bere.

25 dicembre 1947
Gesù: 
Il buon ladrone ha compreso l’amore e ha mandato un grido di dolore. Pochi istanti dopo si riposava sul mio cuore. L’amore chiama l’amore. Rispondimi. Ho sete di te. Che cosa ti impedisce di venire? I tuoi peccati ripetuti? Le tue infedeltà? Le distrazioni? Le dimenticanze? Le memorie peccaminose? M’incarico io di tutto. Raccolgo le miserie e le cambio in gioielli preziosi. Dammi tutto: vuoi dire che rimane ancora qualcosa in te che non appartiene già a me?

17 marzo 1948
Gesù: 
Ho sete. Ho solo quello che mi date. Non prendo nulla.

4 Novembre 1948
Gesù: 
Io busso alla porta. Credi, vero, che io non ho bisogno delle mie creature? Tuttavia il mio amore di Dio ha bisogno del vostro amore. È sempre stato così. Ti ricordi il mio: Ho sete? Ho sempre sete. Se tu conoscessi questa sete più ardente della sete degli uomini …

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